lunedì 29 settembre 2014

La direzione nazionale del PD sulla riforma del lavoro

Era da un po' che non scrivevo sul blog. Anzi, lo volevo proprio chiudere, e forse tra qualche giorno lo chiuderò.
Per stasera, però mi andava di scriverci su cosa ho appena vissuto da osservatore privilegiato. Una direzione nazionale del PD vera, con un dibattito vero, che non si è ancora concluso.
E siccome è mia abitudine prendere appunti, ve li metto qui, perché tanto è inutile mandarli a una mailing list, tanto è tutto in diretta streaming, e se vi va di guardare qualche intervento su youtube, magari ditemi se sono bravo o no a fare il riassunto.

Premessa: chiedo scusa, perché si voterà dopo le 22, ma io sono dovuto tornare a casa, per impegni di lavoro che ho domattina. Chiedo scusa a tutti quelli che hanno votato Civati, specie ai toscani, che ho l'onere di rappresentare col mio voto, e anche a tutti gli altri, che alle primarie PD hanno votato altro, o che non hanno votato affatto. Comunque il mio voto non sarebbe stato determinante, però insomma avrei voluto poter esercitare il diritto/dovere di alzare la delega. Magari se si fosse cominciato alle 14, invece che alle 17, e finito alle 20, anziché dopo le 22. Ma far capire che anche la gente normale, che non vive a Roma e non vive di politica, deve poter partecipare alla direzione nazionale del PD, dove oltre l'80% dei membri vive a Roma, o vive di politica, o entrambi, è ancora dura.

Conclusione: Se avessi votato, penso che avrei votato contro. Ma non per punto preso. Perché nessuno ancora mi ha dato una buona risposta a questa domanda. Se qualcuno lo farà, sono pronto a cambiare idea pubblicamente: "Perché è necessario abolire l'articolo 18 per estendere le garanzie ai nuovi lavoratori, per fare il contratto unico, per costruire un contratto con tutele crescenti? Perché, ancora una volta, ci si dice, o prendete tutto il pacchetto o siete conservatori? Non si può solo fare la parte buona della riforma del lavoro?
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Davvero questa domanda è per me la domanda fondamentale. Perché vedete, l'articolo 18 non è fatto per reintegrare chi viene licenziato senza giusta causa (vedere i dati per credere), ma per evitare i licenziamenti senza giusta causa. Cioè è un deterrente (come mi ha spiegato Miro), e quindi perché levare un deterrente che ha funzionato bene sinora?

Detto questo, ecco la mia personalissima sintesi di tutti gli interventi fino a quello di Matteo Orfini, con qualche commento. Dopo me ne sono dovuto andare, ma credo che, voto a parte, le posizioni in campo erano molto chiare.

Introduce Matteo Renzi: Vorrei un voto chiaro che ci consenta di superare alcuni tabù,  e di riformare profondamente il mercato del lavoro, per difendere i nuovi deboli.
Prima nota di metodo: ha ragione Cuperlo, chi non la pensa come il segretario non appartiene ai Flintstones, però ricordo che nemmeno chi la pensa come il segretario può essere dipinto come un emulo della Thatcher. La seconda: noi non siamo un circolo di filosofi, una volta deciso si va avanti.
Il voto del 25 maggio ci ha detto: caro PD, l'Italia la devi cambiare tu.
Non è vero che a fare le riforme si perdono voti, e nel frattempo abbiamo fatto il decreto Poletti, il decreto Madia sulla Pubblica amministrazione e approvato al Senato la legge elettorale (che miglioreremo) e in prima lettura la riforma del Senato. E abbiamo dato 80 EUR in busta paga a 11 milioni di persone, che magari non sono importanti per 100 commentatori, ma lo sono per 11 milioni di cittadini.
La realtà chiede che la politica e i politici prendano decisioni, e infatti, da quando abbiamo incominciato a fare qualcosa,  cinquestelle si sono sgonfiati. Ma più importante abbiamo ricominciato a fare politica industriale, salvando Electrolux col decreto Poletti e facendo ripartire le acciaierie da Terni a Piombino a Taranto.
E' vero, come dice D'Alema, che ci sono solo 8 commissari socialisti, però non è colpa delle elezioni, è colpa del fatto che ci sono solo 8 primi ministri socialisti in Europa. Ma l'adesione del PD al PSE ha portato il PD a poter imporre a Juncker di mettere 300 miliardi di aiuti economici, e dare ad alcuni italiani ruoli importanti (Pittella, Gualtieri, Silvia Costa, Mogherini). In Europa gli italiani non sono visti benissimo, sono visti come quelli che rimandano i problemi. In questa ottica, è corretto dire che è un tema europea la riforma del mercato del lavoro, perché l'abbiamo promesso all'Europa, perché noi vogliamo fare le cose, non rimandare. Il problema non è l'art. 18, è la disoccupazione, ma se il problema non è l'art. 18, perché è una garanzia costituzionale, allora perché partiti e sindacati non lo applicano?
Il problema è che l'Italia non è fondata sul lavoro, oggi, è fondata sulla rendita. Il lavoro si rilancia se si investe su ricerca, green jobs, e ICT, non se si salva l'art. 18. Le aziende che investono in Italia devono avere qualche certezza, qui è tutto in mano a giudici e avvocati, senza tempi certi. Vogliamo avere il coraggio di guardare la realtà com'è, avete mai parlato con uno che ha perso il posto di lavoro? Io sì, perché ho fatto il Sindaco. Io voglio dire a questa gente: hai non solo un indennizzo dalle aziende, ma lo stato ti dà un corso di formazione e ti aiuta. Oggi invece le agenzie per il lavoro sono diverse da provincia a provincia e combinano poco. Io voglio una sola agenzia nazionale, e voglio anche sfidare il sindacato su questi temi. Quello che vi propongo è di cambiare, a me cambiare non fa paura, non voglio cambiare per cambiare, ma io penso che questa sia una riforma di sinistra se difendiamo i lavoratori e non i totem, se difendiamo tutti e non chi è già garantito, se stiamo dalla parte del cambiamento e non della conservazione. Non me ne voglia Rajoy, ma per me il modello non è la Spagna, perché non voglio abbassare i salari per far lavorare tutti, voglio alzare i salari e produrre prodotti di qualità. A chi ci dice che dobbiamo fare come loro, io dico: no, grazie, il nostro modello è un altro. E voglio concludere sfidando i sindacati. Sono disposto ad incontrarli anche domani, la settimana prossima per fare una legge sulla rappresentanza sindacale, sulla contrattazione di secondo livello, e sul salario minimo garantito che è già allo studio. Per quanto riguarda la legge di stabilità abbiamo scelto di rispettare il limite del 3%. Ci costa perché quel limite affonda le sue radici in un mondo tutto diverso da oggi, ma il danno alla reputazione se non lo rispettiamo è maggiore dei vantaggi che avremmo. Comunque si butta un miliardo sulla scuola, e un miliardo di spazio di patto che consenta ai comuni di fare le opere pubbliche, e due miliardi di Euro di riduzione del costo del lavoro. Poi se volete si fa anche una riunione specifica sulla legge di stabilità. Ma tutte le riforme non porteranno a nulla se non faremo la riforma della speranza, della fiducia. L'Italia è più ricca di quanto si legga, ma è convinta di essere un Paese senza futuro. Se abbiamo preso il 41% l'errore più grande che possiamo fare è buttarlo via per paura del cambiamento e del futuro. Il mondo cambia veloce, e noi son 44 anni che siamo aggrappati allo stesso totem ideologico. E' impressionante anche il modo in cui gli elettori fanno zapping e cambiano idea, e danno consenso ad altri. Noi dobbiamo costruire il futuro, non lasciare che accada.

Caterina Bini: un barrista di Pistoia mi diceva che sta con Renzi, perché lui sta con tutti quelli che si spaccano la schiena. Gli imprenditori se hanno lavoro, sono i primi a voler dare lavoro e valorizzare i loro dipendenti. Chi contesta questa riforma si sente più di sinistra di me, ma cosa è stato fatto in questi anni?

Gianni Cuperlo: E' bene parlarci in pubblico, con lo streaming, e con sincerità. Su molto sono d'accordo, è un bene aumentare le tutele per i lavoratori più deboli, per i più giovani. E hai ragione che per estendere tutele servono risorse, lavoriamo per trovare le risorse necessarie, perché non possiamo promettere cosa non siamo in grado di mantenere. Parlare di tutele crescenti in relazione all'anzianità di servizio vuol dire applicare il contratto di lavoro, quindi se l'art. 18 non si leva a tutti, allora forse è incostituzionale. Ma se si vuol levare a tutti, allora riguardiamo bene cosa è scritto a proposito dei licenziamenti discriminatori perché qui si decide della vita delle persone. Ma non venitemi a raccontare che il nostro PIL è calato del 25% per colpa dei sindacati o dell'articolo 18. E comunque la norma non ha 44 anni come dici, ma 2 anni, perché è stata recentemente riformata. Caro Matteo, fare a meno dei giudici quando si licenzia non è possibile, non per colpa dell'art.18 dello statuto dei lavoratori, ma per l'art. 24 della costituzione. Puoi dire quanto vuoi che il PD deve decidere e poi si va tutti avanti compatti, ma c'è un vulnus: nessuno ha detto alle primarie che voleva fare questa cosa. Io riconosco la tua legittimità, ma non sei l'unico dominus del PD, continuiamo a discutere di questa cosa, anche nei gruppi parlamentari, che te lo ricordo, hanno una sua autonomia. Qui davanti non c'è la minoranza del PD, o nemici del governo, né gufi, ci sono persone che vogliono esprimere le loro opinioni e provare a convincere gli altri. Sei un leader, fatti carico anche delle nostre idee.

Andrea Ranieri: a me sarebbe piaciuto fare la riunione prima che le posizioni si radicalizzassero. Per me l'art. 18 non è un totem, ma non sei tu a farne un totem? Noi siamo indietro non per l'art. 18, ma perché non abbiamo investito in innovazione. E le aziende che innovano hanno bisogno di stablità, non di lavoro usa e getta. il lavoro usa e getta va bene per le imprese che non innovano, che cercano manodopera a basso costo. E per far ripartire l'economia non bisogna ridurre i diritti dei lavoratori, ma come diceva Delors, il 3% del PIL deve andare in ricerca e innovazione. Sulla legge di stabilità devi dire dove vanno i tagli, perché se si tagliano gli enti di ricerca sono totalmente contrario. Sono felice che il segretario riapra la sala verde di Palazzo Chigi per riaprire il confronto coi sindacati, perché c'è una relazione diretta tra livello dei salari e tenuta dei sindacati in tutto il mondo. (ndr: Andrea Ranieri ha scritto un pezzo di intervento con la mia penna...vedi che non ho fatto solo lo spettatore?)

Rita Castellani: anche io voglio cambiare, ma magari questo non è il vero cambiamento. Noi stiamo perdendo il capitale umano, e così un Paese non va lontano. Caro Premier, se si parla di welfare dobbiamo fare un discorso più approfondito dell'estensione di ammortizzatori sociali, il problema è che c'è tanta povertà, e gente che vuole mettersi in moto senza alcun sussidio, come chi cerca lavoro per la prima volta.

Franco Marini: non sono capace di sintesi, comunque vedo nella relazione di Renzi una apertura vera. (Parentesi incomprensibile sulla grande guerra e sul ridisegno di Iraq e Siria nel 1916...). NDR: Marini non si può riassumere, se vi avanza tempo ve lo ascoltate su youtube...

Massimo D'Alema: ammiro molto l'eloquio di Renzi, però ha detto cose non vere. Non è vero che è il primo taglio al cuneo fiscale, io lo tagliai quando ero al governo. E così l'art.18 non è un tabù da 44 anni, perché due anni fa la riforma Fornero lo cambiò. E la riforma Fornero prevedeva di osservare che succedeva, cosa che non è stata fatta e, mi si perdoni l'assenza di citazioni poetiche, sarebbe premessa indispensabile per cambiarlo. (Continua a prendere palesemente in giro Renzi dicendo che non studia, che dice falsità banali, e che fa citazioni colte ma non studia...ndr). Il premier dice che il nostro modello non è quello spagnolo, ma se in tutti i Paesi civili il reintegro da parte del giudice è consentito, non vedo perché porci fuori dal consesso dei Paesi civili. Temo che una riforma del lavoro fatta così rischi di essere inefficace e personalmente avrei messo tutte le risorse non sulla riforma degli ammortizzatori sociali, ma sulla crescita. Stiegliz dice che la riforma del lavoro si fa quando c'è crescita, non in recessione, perché se togliamo tutele ai lavoratori, questi sanno che poi lo Stato non ha soldi per tutelarlo e quindi consumano anche meno, e aumentano la recessione. Capisco che Stiegliz sia un vecchio rottame della sinistra, ma ha preso un premio nobel, che molti dei consiglieri del Premier non hanno ancora preso.

Giuseppe Civati: la mia sensazione è che questa discussione sia stata montata dal punto di vista mediatico compromettendo la possibilità di fare una discussione serena. E ieri in TV ho sentito un premier che diceva cose di destra. Ma chi si può esprimere sui diritti, se non un giudice, come recita l'art. 24 della costituzione? Vorrei portare la discussione su un tono più tecnico e sulle preoccupazioni che rimangono. Due anni fa c'è stata la riforma Fornero e in molti in questa stanza ci hanno lavorato. E poi non sappiamo come sarà la legge delega, ci saranno altri strumenti che il Governo porrà, il decreto Poletti rimarrà? Perché io vorrei un contratto unico che sia unico, non che rimangano 44 forme di lavoro diverso. Vorrei sapere se rimane nella legge delega la formazione. Se il contratto unico a tutele progressive è quello di Tito Boeri sono pronto a sottoscriverlo, ma dove e quando lo depositiamo? Oppure ci affidiamo all'ultima intervista del premier? Io ho perso con Renzi e anche contro Cuperlo e non ho voce in capitolo, ma l'art. 3 dello statuto dice che il segretario è eletto sulla base di una piattaforma programmatica. Allora, se questa cambia, perché sorridete con sufficienza quando chiediamo di consultare gli iscritti su questo tema? E che succederà se alcuni emendamenti della minoranza PD saranno condivisi dalla maggioranza dei gruppi parlamentari? Come reagirà il premier e il Governo? (NDR: grande Pippo! Lucido, asciutto e preciso)

Paolo Gentiloni: non c'è un complotto anti Renzi della minoranza PD. C'è una differenza di idee se cambiare una norma sia un rischio o una necessità. Stiamo facendo una discussione molto molto seria, e finalmente ci poniamo il problema di aumentare le tutele, e i sindacati vogliono scioperarci contro: è paradossale.

Ivan Scalfarotto: sono stato direttore del personale in una grande azienda a Londra, e vi volevo dire che per colpa delle leggi italiane la mia azienda fece un centro servizi a Barcellona e non a Milano. Poi vado a lavorare a Londra, e con 10.000 dipendenti mai ho visto un reintegro, ma un forte rischio di reputazione se facevamo un licenziamento discriminatorio. In Italia invece non c'è cultura della discriminazione, quindi non avere una norma anti-discriminazione è un problema. E su una cosa tutti dovremmo essere d'accordo, che il diritto del lavoro oggi in Italia non funziona, e che la falsa partita IVA è una forma di schiavitù.

Pierluigi Bersani: cerchiamo di raffreddarci un po' la testa, perché non abbiamo ancora cominciato a governare e ci sono un sacco di guai. Io dico la mia in pochi minuti, che non è quella del 25%, della partita della vita, dei conservatori. Noi non andiamo nel baratro per l'art.18, ma per il metodo Boffo (ndr: esagerato....). Se uno dice la sua deve poterla dire con dignità. E volevo poter discutere di questa cosa prima che partisse la bambola. Sono contento che Matteo abbia detto i 1000 giorni, perché non dobbiamo correre i 100 metri, ma fare tante cose. In 1000 giorni si ha tempo per verificare i contenuti delle riforme che facciamo, e quindi lo scatto non serve a niente, perché può cascarti tutto addosso. E anche l'Europa ti fa un applauso nelle prime 48 ore, e poi nel lungo periodo ti va in tasca. Noi abbiamo fatto tante riforme pesanti, a nessuno trema il polso a cambiare le cose. D'Alema ha ragione a citare Stieglitz, vogliamo davvero raccontare che abbiamo perso 9 punti di PIL per colpa dell'art. 18? La Germania ha l'art. 18, e ha fatto più 4% di PIL negli stessi anni. Dobbiamo riqualificare la spesa pubblica, e l'unico bacino di risorse è l'infedeltà fiscale, il nostro problema non è la rigidità del lavoro, ma l'evasione fiscale. Sapete quante cose ci sono da cambiare in questo Paese, e ce la prendiamo proprio coi diritti dei lavoratori? Ci vuole una riforma del mercato del lavoro, ma deve riguardare la qualità e la produttività, e noi non abbiamo qualità perché abbiamo dispersione e precarietà. Sono d'accordo a togliere i co.co.co., ma se comunque allo stesso banco di lavoro ci sarà chi ha le tutele e chi no non risolveremmo un gran che.

Matteo Orfini: sul Jobs Act c’è grande discussione, ma noi siamo un partito politico e non solo uno spazio politico, per cui abbiamo il dovere di prendere una decisione e poi portarla avanti. (NDR: stasera credo tutti abbiano capito perché è stato scelto tra gli elementi della "minoranza" a fare il presidente, popo' di tegame direbbero a Livorno...)

E poi son dovuto partire per prendere l'ultimo treno per Firenze. Tra poco i risultati della votazione.

giovedì 15 agosto 2013

Le sentenze si rispettano?

Mi par di capire che la ragion di Stato, o anche il mero calcolo politico, porti in diversi esponenti del panorama politico una grossa contraddizione e mi par di capire che, per una serie di motivi, pochissimi giornalisti siano interessati a far emegere questa contraddizione. E allora, nel mio piccolo, ve la volevo far notare, perché magari ci pensiate mentre, sulla spiaggia a Ferragosto, vedrete passare gli aeroplani di Silvio che, in perfetto stile Silvio, ci bombarderanno di cazzate.

Il problema è la Sentenza Mediaset, ovvero della "agibilità politica" di B., come si direbbe con il più brutto neologismo dell'estate 2013.

Una nota sibillina del nostro presidente presidenzialista dice che le sentenze si rispettano. Bene, son d'accordo.

Il segretario del PD, Epifani, seguito da molti esponenti del PD e del PD al Governo dicono in coro che "le sentenze si rispettano".

Anche Matteo Renzi, quello che ha i parlamentari renziani e i ministri renziani che hanno sempre il maldipancia, ma però poi votano tutto l'invotabile come bravi soldatini, dice sempre: "La sentenza si deve rispettare".
Ho capito, signor Presidente, signor Segretario, signor Sindaco, ma voi pensate che B. sia un delinquente o si sente umanamente vicino ad un perseguitato dalla magistratura?

I primi due non risponderanno a questa domanda perché il governo deve andare avanti.
Il terzo non risponderà a questa domanda perché vuole i voti dei delusi del centrodestra, e non attaccherà mai in modo forte Berlusconi.

Ecco, signori, la contraddizione è questa:

- Se questa sentenza deve essere rispettata è perché la sentenza è stata giusta, perché i processi di primo, secondo e terzo grado, tutti concordi, hanno stabilito che l'imputato Berlusconi Silvio è colpevole di frode fiscale (che è un reato più grave dell'evasione fiscale, ndr). Quindi il capo del PDL è un delinquente, lo dice una sentenza che deve essere rispettata perché è giusta. Quindi, signor Presidente, un Governo fatto con l'appoggio in parlamento di 200 pasdaran di un delinquente DEVE cadere, quindi signor segretario, non devono essere loro a trovare la scusa dell'IMU, dobbiamo essere noi a rifiutare alleanze con i lacché di un delinquente, quindi signor Sindaco, visto che vuole guidare il Paese non giochi al politicante ma lo dica chiaramente, e pensi più ai delusi del centrosinistra che a fare il ruffiano con i delusi del centrodestra.

Viceversa, hanno ragione le Santanché e le Biancofiore: Berlusconi è un povero perseguitato, o in alternativa, la vittima innocente di una giustizia farraginosa che non funziona come dovrebbe. E allora gli diamo la grazia, lo facciamo Senatore a vita e domani chissà. Ma in quel caso, si abbia il coraggio di dire che è giusto non rispettare e non applicare una sentenza, perché non la condividiamo nel merito. Non parliamo di atti di pietà o di pacificazione, non tiriamo in ballo la governabilità, né il fatto che Berlusconi preferisco batterlo sul piano politico: tutti quanti vogliamo batterlo anche sul piano politico, ma se delinque, ha da essere punito, non dalla politica, ma dalla giustizia, perché così funziona uno stato di diritto.
Perché le sentenze dovrebbero essere rispettate, così come anche l'intelligenza e la dignità degli italiani.

venerdì 2 agosto 2013

La mia #sentenzamediaset

Monica è ancora più bella del solito, Filippo più sorridente, la Corsica non si era mai vista così nitida dalla costa tirrenica, l'Aberlour pare il Lagavulin, questi sigaretti birmani paiono (quasi) dei mini Cohiba, l'Italia pare un Paese civile, e anche i cantanti del piano bar qui di fronte paiono intonati. No, loro sono parecchio stonati lo stesso. Comunque, se non si fosse capito, ci godo parecchio. Ma, come ho già detto, non è un godere contro qualcuno, è che quando la giustizia è uguale per tutti, tutti dobbiamo gioire.

Buone vacanze a tutti. Le mie sono cominciate oggi e sono già stupende.

PS: alla Santanché che dice: "un processo è un fatto privato, 41 processi sono accanimento giudiziario", vorrei rispondere semplicemente che Berlusconi non è una volta delinquente, è quarantuno volte delinquente.

lunedì 29 luglio 2013

Una calda giornata toscana con Pippo Civati

Pippo Civati aveva promesso che sarebbe venuto alla festa provinciale del PD di Pisa, sabato 27 luglio alle 18, e che a seguire, sarebbe venuto alla festa provinciale di Livorno, alle 21.

Pippo poteva prevedere che sarebbe stato uno dei giorni più caldi dell'anno, ma non che l'ostruzionismo in Parlamento dei grillini avrebbe sconvolto il calendario settimanale. Però gli impegni si mantengono e, appena saputo che l'ostruzionismo in Parlamento sarebbe terminato, Pippo si mette in viaggio, nonostante il calendario settimanale sia stato tutto stravolto. E così, Pippo arriva in macchina, da solo, e rientra in macchina, da solo, nella notte, dalle sue donne (dalle sue bimbe, diremmo noi toscani) a Verona. Ma solo per portarle a Milano, dove oggi aveva un aperitivo.

E poi c'è chi lo chiama fighetto.

Pippo arriva a San Miniato, caldo torrido, ma arriva un refolo d'aria (Civati è una ventata d'aria fresca, dicono i fans senza se, e senza ma).

Tra le domande, stile "Berlinguer ti voglio bene", si succede un microdibattito:
"Ma a che servono ll'iscritti se i''segretario lo votan tutti?"
La domanda successiva lo chiarisce benissimo:
"L'iscritti, l'iscritti, l'iscritti una sega, a noi ci devan vota' anche quell'artri!", che esprime meglio di tutti la necessità di un Partito aperto.

Poi si parte e si arriva a Livorno, dove per una sera il vento di mare si fa attendere. Dove Miro mi vede arrivare, ma non si accorge che ero nel "codazzo" di Civati, mi viene incontro per salutarmi e quasi sbatte nel candidato segretario, che da vero fighetto, gli batte sulla spalla: "Ma che fai non mi saluti?". E Miro strabuzza gli occhi.

E poi, giro delle cucine, tra i tavoli, tra la gente. Da vero fighetto, direi.

E anche qui un sacco di scambi di battute. Tra cui Piero di Peccioli, che scatta in piedi come una molla e gli dice: "Civati, mi raccomando, cambia direzione a questo partito, perché Letta c'ha portato in un vicolo cieco.
"E anche a marcia indietro", chiosa Civati.

A volte una battuta vale più di un editoriale (specie a leggere gli editoriali di questi giorni...)

Ma la battuta più bella, è quella del nostro affezionatissimo, ed è rivolta ad Andrea Colli, che la racconta così:
"Perdonatemi se insisto ma io sono un musicista e quindi vivo di emozioni. Siccome dopo il Pci ho vissuto un periodo di randagismo politico, quando Pippo Civati venne anni fa a Livorno e io partecipai alla sua iniziativa, fu per me così convincente che il giorno dopo presi la tessera del Pd. eri sera gliel'ho ricordato e lui, carico di ironia che lo contraddistingue dagli altri (per esempio Renzi non è ironico, è guappo), mi ha risposto:"Ti chiedo perdono per questo".

Ma il candidato che dice?
Una breve videosintesi la potete vedere qui sotto, a cura del PD Livorno.

E poi c'è la carica simbolica di Livorno, che potrebbe ispirare il tema più importante di questo congresso.

mercoledì 24 luglio 2013

Umile proposta al Presidente del Consiglio

Dice Enrico Letta che non ci sono alternative al suo Governo, nemmeno le elezioni anticipate.
Mi permetto di avanzare una umile proposta in tre tappe:
a) si cambia subito la legge elettorale
b) tanto per curiosità, si torna a votare
c) se Letta aveva ragione gli si fa rifare il Governo come questo; se aveva torto si fa un Governo un po' meglio.

Che ne dite?

mercoledì 17 luglio 2013

A 461409

Quando presi il passaporto, alla fine del 2003, il mondo era un altro. Non c'era Monica, non c'era Filippo, ogni viaggio sapeva di scoperta, e c'erano i miei nonni, quelli che mi allungavano qualche euro: "usali per telefonare", e mi schioccavano il velo della Madonna di Loreto nel portafoglio, "anche se non ci credi, ma in aereo portalo".
Già, non c'era nemmeno skype, internet si trovava in zero alberghi (soprattutto di quelli che frequentavo io) e in qualche internet cafè, e al massimo si chattava tutto per scritto.

E, per prendere il passaporto alla questura c'erano le file, ci voleva un mese, e andava fatto per tempo, perché non si sa mai. Quando presi il passaporto, a fine 2003, il mio passaporto non era A 461409, era quell'altro, che conservavo gelosamente perché aveva su i timbri della Patagonia, del confine di Monte Aymond (vulcanetto che è nella mia tesi di laurea), tra Chile e Argentina. Il mio passaporto era talmente quell'altro che, a Maggio 2004, presi quello vecchio e arrivai all'aeroporto a Pisa con il passaporto vecchio, con scritto ANNULLATO, e Sonia fu spedita in Turchia da sola, con la sua valigia e la mia, e arrivai il giorno dopo, col passaporto buono.

La prima volta che usai il passaporto A 461409 si andava in Salvador, con Fabrizio e tutta la truppa, ed era la prima volta che, per fare scalo, mettevo piede negli USA, e tutti erano pronti a prendermi in giro, perché quando arrivavi in USA dovevi compilare un modulo e rispondere a una domanda: sei comunista? E tutti ci rimasero male, perché quel modulo era cambiato pochi mesi prima, e quella domanda non c'era più. E fu un bene, perché io nel 2004 non lo sapevo mica se ero comunista o no, e in USA si può solo rispondere sì o no a certe domande.

A dicembre il mio passaporto sarebbe scaduto, e visto che quasi tutti vogliono un passaporto valido almeno sei mesi, oggi sono andato a rifarne uno nuovo. Zero file, appuntamento preso su internet, dieci minuti, personale gentile e molto competente, e ci vorrà una settimana. E mi hanno chiesto quasi scusa perché mi hanno preso le impronte digitali. Per me, ci dovrebbero anche prendere il DNA a tutti, altro che le impronte digitali. E poi c'era quel modulo, quello da riempire quando hai figli minori, quello che cambia per sempre il tuo stato d'animo quando sei in viaggio.

E il funzionario è stato così gentile che non ha battuto ciglio quando gli ho detto che avrei voluto conservare anche il vecchio passaporto, perché ci sono un sacco di timbri e visti strani, mi ha risposto: "ma certo", ha annullato tutte le pagine e me l'ha ridato. Dieci anni fa fecero un sacco di storie.

E così, dopo dieci anni, cinque timbri turchi, sei timbri USA (tra quelli presi in transito e quelli presi perché andavo davvero in USA), tre salvadoregni, due canadesi, due messicani, due etiopi, uno australiano, uno guatemalteco, uno giordano, uno siriano, uno burkinabé, uno egiziano, uno thailandese, uno cambogiano e uno birmano, il passaporto A 461409 va in pensione, portandosi dietro tutti i continenti e un sacco di ricordi.


E se mi chiedeste quale posto mi è piaciuto di più, o in quale di questi posti vorrei tornare vi risponderei che non saprei dirvelo, che tutti a modo suo meritano. Però se mi chiedeste quali di quei timbri mi danno più ricordi, non avrei dubbi: non le fredde frontiere aeroportuali, ma le frontiere vere, quelle che si attraversano in macchina, o meglio a piedi. Le frontiere, quelle che in Europa non esistono quasi più e che si vedono solo nei film.

Come il valico di San Cristobal, tra Guatemala e Salvador, dove un poliziotto (vero? falso?) disse a Giacomo che il suo passaporto non era valido, solo perché voleva dieci dollari di mancia, cui fu risposto in perfetto spagnolo: "sì, vien via, io passo lo stesso". E soprattutto come il valico Thailandia-Cambogia di Poipet, dove veramente sembra di vivere in un film, coi doganieri corrotti proprio come te li raccontano (che se non gli dai 5 dollari non ti fanno il timbro nemmeno a morire, il passaporto vi scade tra le loro mani), con le valigie in mano e i facchini che se le litigano, e con tassisti improbabili di qua e di là dalla frontiera. Ecco, se proprio vi devo dare un consiglio, non andate da Bangkok a Siem Reap con un comodo volo low coast. Andateci via terra, e riguardatevi tutta la vita quel bellissimo e sudatissimo timbro sul passaporto, perché vale davvero più di tanti templi e paesaggi.

E adesso avanti, a collezionare timbri, ed esperienze di vita, su quello nuovo.

giovedì 27 giugno 2013

Abbiamo toccato il fondo. Speriamo.

Per Confindustria l'Italia ha toccato il fondo.
Anzi, dovrebbe aver toccato il fondo perché "questo mazzo misto di evidenze sparse lascia solo intravedere l'avvio della risalita. Non costituisce solide fondamenta per prevederla".

Tocchiamo ferro, perché quando sento dire che l'Italia ha toccato il fondo, penso sempre a questa scena.



L'integrazione a Livorno

Non scorderò mai quando, ad una festa de l'Unità a Livorno, si parlava dei nuovi italiani e del diritto di cittadinanza. Alfio Baldi la mise così: "Dioppe dice deh, è quindi è livornese". Diop è un senegalese che vive a Livorno da oltre dieci anni credo.

Lunedì sera, rientrando dalla fondazione del gruppo LivornoXCivati, nei giardini di Piazza della Vittoria, mezzanotte e qualcosa, un ragazzo (forse un po' alticcio) ha urlato: "Pisa Merda!!!".
La vocina di una ragazza di chiare origini cinesi le ha fatto eco: "Pisa Melda!!!".
"Oh, vieni" ha chiosato il ragazzo, "allora sei de' nostri".

Integrarsi a Livorno è un po' più facile che nel resto del mondo.

(dedicato a Ilda Curti, che sa meglio di tutti noi cosa sia l'integrazione e cosa sia Livorno)

lunedì 24 giugno 2013

Voi fate come vi pare, io ci godo. Parecchio.

Avete voglia di dire che B. va battuto politicamente. Un vecchio maiale che si circonda di giovani a pagamento, anche minorenni, e che inventa balle alla questura per tirarsi fuori dai guai in un Paese Civile ha da andare in galera. E che la giustizia sia almeno quasi uguale per tutti, per me è una vittoria politica.
E poi, ove non vi bastassero gli argomenti seri, guardatevi questa intervista di Brunetta. Ecco, solo per vederlo farneticare così ne vale la pena.
Che bello.

lunedì 17 giugno 2013

L'elasticità delle regole di Silvio B.

Il Governo sfuri pure i patti UE, tanto non ci cacciano.
Per me questa dichiarazione del capo del PDL è sintomatica di uno stile di vita, e non solo è pericolosa per il Paese, ma prima di tutto per lui stesso.
Perché uno può pagare tutti gli avvocati difensori che vuole, ma i cittadini (e i giudici dei processi) sono tutti lì che si immaginano Silvio B. che dice ai suoi amici:

- Ma sì, corrompiamo un giudice, tanto non mi beccano.

-Ma sì, con tutte le tasse che pago, posso anche evaderne un po', non mi processeranno mica per così poco.

- Ma sì, anche se non ha ancora 18 anni compiuti, per qualche mese, cosa vuoi che sia, portiamola a letto lo stesso.

Et cetera, et cetera, et cetera.

giovedì 13 giugno 2013

Chiedere scusa e confessarsi razzista.

Cercate una definizione di razzismo. Io vi rimando a quella della Treccani: "Ideologia, teoria e prassi politica e sociale fondata sull’arbitrario presupposto dell’esistenza di razze umane biologicamente e storicamente «superiori», destinate al comando, e di altre «inferiori»".

In senso esteso per razzismo si intende: "complesso di manifestazioni o atteggiamenti di intolleranza originati da profondi e radicati pregiudizî sociali ed espressi attraverso forme di disprezzo ed emarginazione nei confronti di individui o gruppi appartenenti a comunità etniche e culturali diverse, spesso ritenute inferiori".

La consigliera leghista Dolores Valandro, pur essendo "più dolce e più buona del pane" (così si definisce lei stessa), davanti a una notizia di un presunto tentativo di stupro operato da due uomini di origine africana, pubblica la foto del Ministro Kyenge e scrive così: "Ma mai nessuno che la stupri, così tanto per capire cosa può provare la vittima di questo efferato reato??????? Vergogna!"

Quindi la Kyenge si deve vergognare perché due persone del suo stesso colore hanno (forse) provato a stuprare una donna. Qual è il legame tra la Kyenge e gli stupratori? Il colore della pelle, l'origine africana e nessun altro.

Dolores Valandro si scusa così su Radio Capital: "è stata una battuta che passa in un momento di rabbia".

Bene, se tu, in un momento di rabbia, per un presunto crimine commesso da due persone nere di pelle, te la prendi con una terza persona che non ha niente in comune tranne il colore della pelle, esprimi un atteggiamento di intolleranza originato da profondi e radicati pregiudizi sociali, e lo esprimi attraverso forme di disprezzo nei confronti di individui appartenti a comunità etniche diverse. Cioè, secondo la definizione sei una razzista. Il fatto di dire certe cose in un momento di rabbia, non è una scusante, è la dimostrazione del tuo essere razzista, del fatto che, quando non pensi ma agisci d'istinto, il tuo agire è un atto di intolleranza originato da un pregiudizio.

Se avete la pazienza di ascoltare tutta l'intervista della razzista Valandro sentirete che, per dimostrare di non essere razzista, dirà che "ha accolto ADDIRITTURA cittadini del Congo".

Quale altra ragione, oltre al razzismo, giustifica la parola addirittura in questa frase?

lunedì 10 giugno 2013

Gentilini e Mazzarò

Certo, uno sceriffo razzistello che di sicuro odia i terroni non vorrebbe essere paragonato a un personaggio di una novella di Verga, però a me è venuto proprio spontaneo.

Anzi, almeno Mazzarò, si accorse che era tempo di morire e si mise a distruggere tutto come un pazzo urlando "roba mia, vientene con me!"

Gentilini, invece, dopo qualche lustro da sceriffo (o vice-sceriffo, però comandava lui) di Treviso, alla fine è stato mandato a casa dal voto. E che fa, il gentlemen? Non dice: io sono finito, non è più il mio tempo, dice che "La Lega è finita".

Ovviamente io spero tanto che Gentilini abbia ragione e che davvero la Lega sia finita, però, quando vedo questi vegliardi di destra, centro e sinistra, che invece di portare i nipoti ai giardinetti imperversano facendo danni fino all'ultimo giorno utile, dando magari sempre la colpa agli altri, e pensando di essere sempre l'unica soluzione possibile, la mia mente, immancabilmente, torna a quei bellissimi giorni in Turchia.
Laggiù, mentre si girava a caccia di rocce vulcaniche, tutte le volte che si passava davanti a un cimitero, Yilmaz, nel suo inglese approssimativo mi diceva: ecco un altro posto pieno di gente che pensava che il mondo non sarebbe andato avanti senza di loro.

lunedì 3 giugno 2013

Viva i giovani turchi.

Quelli veri però.
Questi.

O Pomezia o morte!

Tour de Force per Beppe Grillo, che proverà a ribaltare l'esito delle comunali con i ballottaggi di domenica prossima. Dopo aver eletto zero sindaci del cinquestelle al primo turno, Grillo farà visita a tutti i candidati grillini impegnati nel ballottaggio. Lunedi sara a Pomezia (RM), martedi a Pomezia, mercoledi a Pomezia e giovedi a Pomezia. Per la chiusura della campagna elettorale, Grillo sarà nella città più importante che il cinque stelle vuole conquistare: Pomezia.

martedì 28 maggio 2013

Il partito dell'astensione

Bene, chiunque affermi che le elezioni le ha vinte il partito dell'astensione, fondi un partito e lo chiami: Partito dell'Astensione, delle bianche e delle nulle.
Se alle prossime elezioni ci sarà il 100% dell'affluenza, e questo partito sarà primo, allora le elezioni le avrà vinte il partito dell'astensione. Altrimenti no.

Questo per dire che ci sono molti motivi per non votare, e che nessuno può intestarseli. Votare, in democrazia, sarebbe anche un dovere, ma oramai è diventato solo un diritto, e quindi si può non votare. E si può non votare per molti motivi, e nessuno può attribuirsi i non voti di coloro che non si esprimono.

Alcune noterelle:
- in genere si vota di più al centro-nord, dove prevale il voto di opinione. Stavolta si è votato di più al sud, dove prevale il voto organizzato (clientelare). Pisa è una delle città più colte d'Italia; la percentuale dei votanti è stata la più bassa dei comuni capoluogo (57%). Quando il voto di opinione manca, il voto organizzato prevale.

- Alle elezioni politiche molte persone che "odiano il sistema" invece di stare a casa sono andati a votare e hanno votato 5 Stelle. Il 5 Stelle ha clamorosamente fallito nella capacità di poter cambiare il sistema. Il loro schema era: se mandiamo al governo PD e PDL, tutti odieranno il sistema ancora di più, e quindi voteranno per noi. Invece, la maggior parte della gente ha pensato: non hanno fatto niente per cambiare il sistema, sono tutti uguali. E non votiamo nemmeno loro. E i voti sono dimezzati per i grillini. Potranno provare a cambiare rotta, perché in Parlamento sono tanti, e possono davvero cambiare gli equilibri. Ma forse è troppo tardi.

- Alle elezioni politiche molte persone di basso livello culturale, sociale, persone che hanno uno scarso accesso al mondo dell'informazione, sono scarsamente interessate alla politica, che vivono ai margini della società, alla fine vanno a votare. Esprimono un voto emotivo, si lasciano sedurre da promesse più o meno campate per aria. Pensano al loro portafoglio e non alla società, perché non ne sono capaci. Queste persone, quando votano, votano in gran parte per Berlusconi. Stavolta queste persone sono state a casa.

- A parte il voto organizzato, ci sono degli elettori che votano sempre, perché lo ritengono un diritto dovere, e hanno un senso civico più alto della media. Queste persone votano quasi sempre, e più frequentemente votano a sinistra.


- I grillini possono anche dare la colpa ai media brutti e cattivi, e non capire i loro errori, ma se aveva ragione Grillo che la sfida era tra lui e Berlusconi, e che ne rimaneva soltanto uno, allora da oggi c'è solo Berlusconi. Per fortuna c'è anche il centrosinistra, che avrà da rimettersi in carreggiata, ma qualche segnale di vitalità esiste.

- Gli stessi che ieri hanno detto che il referendum di Bologna non è indicativo, perché hanno detto sì il 58% del 28% dei cittadini (cioé il 15% degli elettori), oggi dovrebbero dire che non è legittimo un Sindaco che è eletto con il 53% dei voti validi, che sono il 90% dei voti espressi dal 57% dei votanti (cioé il 27% degli elettori). Però non lo faranno, perché la coerenza non è il loro forte. Per me avevano torto ieri e fanno bene a stare zitti oggi, perché chi tace sta zitto, ma un po' acconsente, e chi sta a casa ha sempre torto. Sempre.

- Quando il 40% degli elettori, per disinteresse o per scelta, decide di non votare, un po' perdono tutti, perché perde la democrazia. Io sono del Partito Democratico, e dico cosa vorrei che facesse il PD. Gli altri partiti facciano quello che vogliono. Io vorrei che avessimo la capacità di riflettere su questi due fattori: 1 - progressivamente il distacco dai cittadini dalla politica aumenta, e noi dovremmo capire perché e agire per invertire la rotta; 2 - quando vota solo chi è più attivo, informato, motivato, il centrosinistra ha molte chance di prevalere; quando votano tutti, compreso quelli che stanno ai margini della società, il centrosinistra è in difficoltà. E una sinistra che non parla, prima di tutto, agli emarginati, non sa fare il suo mestiere.

giovedì 23 maggio 2013

Votare il PD per cambiare il PD.

Un appello accorato a tutti gli elettori di centrosinistra che saranno chiamati a votare alle amministrative. Soprattutto a coloro che "vogliono dare una lezione al PD, perché sta sbagliando tutto".

Votate i candidati del PD per cambiare il PD, votate coloro che vogliono bene al PD, coloro che sono il PD. Perché il PD non sono Epifani, Franceschini o la Finocchiaro, il PD sono i candidati che vanno casa casa, nei circoli, nelle piazze a spiegarvi cosa vogliono fare, nel loro piccolo, per migliorare la vostra vita di tutti i giorni.
E mi raccomando, date due preferenze, per una donna e per un uomo, perché i consigli comunali siano sempre più rosa.

Il PD  a Pisa ha la faccia di Stefano Landucci, uno che la faccia ce la mette sempre, e che oggi ha ricevuto un endorsement ben più qualificato del mio. Stefano può vantare l'appello di un "leader nazionale", anzi forse dell'unico leader nazionale che oggi è in sintonia con il popolo del centrosinistra. Forse l'unico del PD che, se fa un appello per te, ti fa guadagnare voti invece di perderli.
Il PD ha il sorriso di Veronica Fichi Occupypiddì (ma sulla scheda Occupypiddì non ce lo scrivete, se no forse vi annullano il voto), che ha 33 anni, ma non va solo all'ARCI, va anche all'ANPI.

Il PD della provincia industriale ha la faccia di Antonio Torrini, a Santa Maria a  Monte. Antonio ha vinto le primarie fatte all'insegna del fair play, e di sole iniziative comuni a tutti i candidati, e ora vuole dare un futuro al suo Comune, mentre i suoi sfidanti erano già a fare gli assessori quando lui non era ancora nato. E Antonio è circondato da una lista fatta in grande maggioranza da ragazze e ragazzi, che stanno facendo una campagna elettorale bellissima. Io conosco un po' meglio Federica Basiloni e Pietro Giuntini ma, davvero, c'è solo l'imbarazzo della scelta.

Il PD della provincia agricola ha la faccia di Sandro Cerri e della sua squadra, anche questa tutta di giovani, che a Montecatini Val di Cecina, tra paesaggi bellissimi e un passato di miniere, vogliono valorizzare le loro produzioni agricole e la loro vocazione agrituristica, perché laggiù è Toscana vera, accogliente e dolce come le loro colline. A Montecatini Val di Cecina non c'è bisogno di fare occupy PD, perché lì il PD è già in buonissime mani.

E quelli di Pisa sono solo alcuni esempi, ma dalle grandi città, come Roma, al più piccolo paesino di provincia, da Ignazio Marino, all'ultimo candidato, ci sono un sacco di persone che ci mettono la faccia, che cercano di spiegare che loro gli accordi con Berlusconi non ce li fanno, che loro non vogliono fare le grandi intese, ma risolvere i piccoli problemi di tutti i giorni.

Se volete cambiare il PD, cercateli nelle liste del PD. E votateli.

lunedì 20 maggio 2013

In difficoltà

In memoriam.

Per Civati segretario - La ricognizione continua

Sabato scorso, al PD di Pisa, c'è stata la prima riunione dei toscani per Civati.

Un bel racconto di cosa è successo lo trovate qui, grazie a Stefano Fabbri.

Un resoconto più freddo: siamo stati in almeno 120, da tutte le province (e le unioni territoriali) della Toscana.
Nel frattempo, più di 50 persone hanno scritto a: toscanapercivati@gmail.com per comunicare la loro adesione.

Ora lasciamo passare le amministrative che coinvolgono città importanti come Pisa, Siena, Viareggio.

Subito dopo cominciamo a fare riunioni (pubbliche e aperte, che ve lo dico a fare), e a organizzarci provincia per provincia, città per città.

Se avete facebook, potete iscrivervi al gruppo: La Toscana per Civati.

Nel frattempo, tutti quelli che vogliono manifestare la loro disponibilità sono invitati a mandare una mail a: toscanapercivati@gmail.com

Nella mail, per favore indicate:

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